Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu/297

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656 I Nibelunghi

Sì dolcemente. Raro assai mesciuto
225Mi fu vino miglior. Che s’io di vita
Avrò alcun’ora, grato a voi degg’io
Esser mai sempre. — Come udìano gli altri
Che buono a lui sembrò cotesto, grande
Si fe’ la turba de’ beenti sangue,
230Onde acquistò di molti la persona
Vigore assai. Di ciò portâr la pena
Donne vaghe dipoi nei dolci amici.
     E su quelli cadea per l’ampia sala
Il fuoco in copia, e quelli il fean cadere
235Con l’ampio targhe al suol. Grave rancura
Ambo lor feano e fumo e caldo, e penso
Che maggior doglia non incolse mai
A valorosi. — Alle pareti voi,
Hàgene disse di Tronèga allora,
240State voi della sala e non soffrite
Che su le guigge de’ vostr’elmi cadano
Gli stizzi ardenti, ma co’ piè nel fango
Giù li calcate a fondo. Ella è una festa
Trista d’assai qual ci fa la regina!
     245E quella notte in sì gran doglia corse.