Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu/358

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I Nibelunghi 717

505Tutti son morti. — Alla crudel novella
Costernato ei restò. Sventura il tocca
Verace, chè quaggiù doglia sì grave
Ei non ebbe più mai. Se morti sono,
Disse, tutti i miei forti, Iddio signore
510Me, Dietrico infelice, ecco, scordava!
Ed io fui prence illustre e assai potente
E ricco ancora. — Oh! come adunque, disse
Ancor Dietrico, ciò avvenir potea
Che tutti, per la man di stanca gente
515Che alta sventura già opprimea, caduti
Sian morti esti guerrier degni di lode?
Se non accadde per l’avversa mia
Stella cotesto, era in ciascun la morte
Strana cosa davver.1 Ma poichè a lungo
520Mancar non mi potea la rea fortuna,
Ditemi voi qual mai degli stranieri
Anche incolume sta. — Sa Iddio cotesto!
Mastro disse Hildebrando; e nessun vive,
Fuor che Hàgen e Gunthèr principe illustre.

  1. Non dovevano morire.
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