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112 | Capitolo diciassettesimo |
— Ma da chi?...
— Dagli uomini che hanno dissodato e coltivato queste radure.
— Ma venuti da dove? — insistette il marinaio.
— Chissà, forse da Mindanao o da Palavan o dalle Filippine. Dopo la comparsa degli uomini bianchi, in quasi tutte le isole della Sonda e dell’arcipelago del Mar Cinese meridionale, si coltiva in minore o maggior copia il granello profumato.
— Che siano stati poi divorati dalle fiere, i coltivatori?...
— Possono aver abbandonato l’isola o essere invece stati sterminati o ridotti in schiavitù dai pirati delle Sulu.
— Sarei curioso di trovare le loro tracce, signor Emilio. Almeno sarei certo se quest’isola è ancora abitata o deserta.
— Forse perlustrando le coste lo sapremo, Enrico. Volete che raccogliamo il nostro caffè?... Vedo un grande numero di bacche giunte a perfetta maturanza, e che altro non chiedono che di essere esposte al sole per seccare.
— Ma fra due ore sarà notte.
— Nessuno ci proibisce di accamparci qui.
— È vero, signore; raccogliamo il nostro moka. —
Legarono i due orsi a un albero e aiutati da Sciancatello si misero a raccogliere le frutta, accumulandole entro la tela della tenda. Il mozzo intanto tagliava dei rami e delle foglie, improvvisando un ricovero per difendersi dall’umidità della notte.
Alle sette di sera la raccolta era terminata. A colpo d’occhio potevano ricavare dieci o dodici chilogrammi di chicchi.
— Ecco una gita fortunata!... — esclamava il bravo marinaio, che pareva entusiasmato. — Cospettaccio!... che lusso!... Perfino il caffè, e lo zucchero non ci manca!... Se potessimo trovare anche del tabacco io sarei l’uomo più felice della terra.
— Sarà difficile trovarne, non usandolo i popoli di queste regioni, ma cercherò qualche cosa che possa surrogarlo, Enrico, — disse il signor Albani. — Portiamo il nostro moka