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Le tracce di un’antica colonia 113

sotto la tettoia e stritoliamo un po’ di biscotti bagnati nel miele.

— To’!... Anche voi lo chiamate moka come noi marinai, — disse Enrico, caricandosi della tenda piena di caffè.

— È il suo vero nome, poichè le prime piante furono scoperte precisamente sulla costa araba ove sorge la città di Moka.

— È stato qualche scienziato a scoprirle?

— Niente affatto; un povero pastore di capre, Enrico. Anzi lo hanno scoperto le capre.

— Oh!... Questa è curiosa!...

— Tu dunque non conosci la storia del caffè?

— No, signore.

— Ti dirò adunque che la scoperta dell’aromatico granello, diventato ora un articolo di prima necessità a mezza popolazione del nostro globo, risale a molti secoli.

Narrano gli Arabi, che un povero pastore di capre, disperato per non aver potuto sposare una sua cugina, per dimenticare il suo dolore, sonnecchiava tutto il giorno.

Una volta, svegliatosi prima del tempo, con sua grande sorpresa vide tutte le sue capre saltellare come se fossero impazzite. Si alzò per conoscere la causa di quella pazza allegria e vide alcune di esse occupate a mangiare delle bacche sferiche e scarlatte, quindi mettersi a saltellare e prendere parte alla danza generale.

Volle a sua volta assaggiarle e poco dopo sentì svanire la sonnolenza e sparire le sue malinconie.

Il giorno appresso cercò altre di quelle bacche e continuò così per molti giorni, diventando sempre più allegro.

Passato per di là un pellegrino, sorpreso di vedere capre e pastore saltellare in compagnia, volle conoscere il motivo di quell’allegria e appagata la sua curiosità, fece un’ampia raccolta di quel caffè e lo portò nel suo romitaggio. Egli ne faceva uso prima delle preghiere, poichè il buon maomettano aveva l’abitudine di addormentarsi recitandole, mentre quelle bacche lo tenevano sveglio.