Pagina:I Robinson Italiani.djvu/120

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114 Capitolo diciassettesimo

Fu il primo a torrefarle, poichè avendo pochi denti, gli riusciva difficile spezzare i granelli. Ridottele poscia in polvere, provò a mescolare la profumata bacca all’acqua calda e ottenne il primo caffè.

Fatta conoscere la scoperta agli altri monaci, questi ne adottarono l’uso, il quale si estese poi anche in Europa per mezzo di pellegrini mussulmani.

— Ma fu adottato molto tardi in Europa?... — chiese Enrico.

— Verso il 1500; ma dapprima corse il pericolo di venire respinto ancora in Arabia.

— Forse che non piaceva allora?...

— Tutt’altro; ma essendo prima stato introdotto in Turchia, gli ulema, o preti mussulmani, cercarono di proibirlo, ritenendolo una bevanda eccitante, ma il sultano Solimano ebbe il buon senso di dare loro torto e permise che si aprissero in Costantinopoli le cinquanta prime botteghe di caffè. Verso il 1650 si estese poi l’uso anche in Italia, Francia ed altri Stati.

— Si pagava caro allora?...

— Moltissimo: circa centoventi lire alla libbra.

— Avrei preferito comprare un barile di vino, — disse Enrico, ridendo. — E in queste isole della Sonda, è molto tempo che lo si coltiva?...

— Dal 1690, anno nel quale gli Olandesi lo piantarono nella loro splendida isola di Giava, diventata ora celebre per le sue ricche piantagioni di caffè.

— Signor Albani, — disse il marinaio, arrestandosi dinanzi alla tettoia costruita dal mozzo. — Che ci siano delle altre piante preziose in questi dintorni? Gli antichi coloni potrebbero averne trasportate e coltivate delle altre.

— È possibile, Enrico. Domani faremo una passeggiata in queste vicinanze. —

Essendo molto stanchi per quella lunga marcia, s’affrettarono a divorare alcuni biscotti intinti nel miele profumato delle api selvatiche, regalandone alcuni a Sciancatello, alle