Pagina:I Robinson Italiani.djvu/127

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Il serpente dagli occhiali 121

Colle dita allargò il taglio facendo, con un’energica pressione, schizzar fuori il sangue, poi raccolta la torcia che era ancora accesa e la cui punta era ormai un carbone ardente, l’applicò sull’incisione.

Il marinaio, sentendosi bruciare la carne viva, trabalzò come fosse stato toccato da una scarica elettrica di grande potenza, urlando con voce rotta:

— Cosa.... fate.... signore!...

— Calmati, Enrico, cerco di salvarti, — rispose Albani con voce commossa.

— Mi.... calcinate.... le carni.... signore....

— È necessario, amico mio. —

Il marinaio si dibatteva, ma il veneziano lo teneva come inchiodato colla sua destra, mentre colla sinistra continuava a bruciare le carni.

— Terremoto.... basta! — urlò il marinaio.

— Sì, basta, — rispose Albani, ritirando la torcia.

— Soffro.... mi pare che il cuore mi si geli.... Signor Albani.... è finita.... Ed eravamo.... così felici!... L’avete almeno.... ucciso?...

— Sì, — rispose il veneziano, tergendosi rapidamente due lagrime che gli rotolavano per le gote.

— Signore.... ho la testa che mi.... gira.... Mi pare che.... il cervello bruci.... E Piccolo Tonno?... Voglio.... vederlo.... voglio.... —

Non potè finire. Le forze improvvisamente lo abbandonarono ed ricadde indietro cogli occhi stravolti, coi lineamenti alterati. Solamente il suo corpo, di quando in quando, provava dei sussulti e dalle labbra gli usciva un sibilo precipitato.

Il signor Albani lo guardava con due occhi smarriti come se temesse, da un istante all’altro, di vedere il disgraziato compagno morirgli dinanzi.

Un grido lo strappò da quella muta disperazione. Piccolo Tonno era improvvisamente comparso sul margine della foresta.