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La Tigre | 49 |
canne, cucinate in acqua e condite, somigliano ai nostri asparagi.
— Scherzate!...
— No, quando avremo una pentola e dell’olio, te li farò assaggiare.
— Dell’olio! — esclamarono il marinaio e il mozzo stupiti. — Ma sperate di trovare degli olivi qui?...
— No, poichè qui non crescono; ma lo troverò anche senza quelle piante.
— Uomo miracoloso!... — esclamò Enrico.
— Da questi bambù, specialmente da quello comune, si può estrarre lo zucchero o meglio una materia zuccherina che gl’indiani chiamano tabascir.
— Terremoto di Genova!
— Zitto, marinaio. I semi del bambù comune vengono mangiati come riso da molte popolazioni dell’Indo-Cina.
— Anche il riso!...
— Non è tutto. Colle foglie e coi fusti schiacciati, poi stemperati in acqua e uniti con un poco di cotone si ottiene una buona carta molto usata dai Chinesi. Coi fusti poi, tagliati a metà, si fanno condotti d’acqua per l’irrigazione dei campi, oppure si adoperano come tegole, o si fanno capanne solide e leggere, o aste per le lance, o scale, o palizzate mentre quelli spinati servono per fare dei recinti così formidabili da arrestare qualsiasi assalto. Colle foglie poi si possono fabbricare dei panieri, delle stuoie, dei tralicci, ecc.
— Volete infine dei recipienti?... Basta tagliare un bambù sopra e sotto i due nodi ed ecco un barilotto dove l’acqua si conserverà benissimo. Volete anche una barca?... Tagliate un bambù gigante, turate le due estremità, oppure serbate i due nodi a prua ed a poppa ed ecco un’ottima scialuppa. Che cosa volete ottenere di più da una pianta?
— Ma queste canne sono meravigliose, signore!... — esclamò il marinaio. — Come è utile sapere tante cose!... Io non avrei ricavato nemmeno un bastone da queste canne,