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La capanna aerea 53

Quelle specie di liane erano rotang (calamus), fibre assai resistenti che appartengono alla famiglia delle palme, assai comuni in tutto l’Arcipelago Indo-Malese. Sono arrampicanti grossi pochi centimetri, ma sono i più lunghi di tutti, poichè raggiungono perfino i trecento metri.

Resistono lungamente anche in acqua ed i Malesi, i Burghisi ed anche i Giavanesi, se ne servono per formare l’attrezzatura dei loro piccoli velieri.

Ne tagliò parecchie, poi raggiunse i compagni per cominciare subito la costruzione, volendo prima di sera mettersi al coperto contro un ritorno offensivo della tigre o di altre sue compagne.

Avendo a sua disposizione dei bambù assai lunghi e resistenti, il veneziano decise di abbandonare la solita forma delle capanne per costruirne invece una aerea, adottando il sistema dei Dayachi, veri maestri in tali costruzioni, arditissime sì, ma ben più sicure delle altre, contro gli attacchi di qualunque avversario.

Per poter lavorare più rapidamente e con maggior comodo, costruì dapprima una lunga scala giovandosi di quattro bambù lunghissimi e di altri più brevi e più sottili come piuoli, poi tracciò sul terreno un rettangolo perfetto che doveva servire di base all’intera capanna.

— A noi due, Enrico, — disse poscia. — E tu, Piccolo Tonno, va’ a raccogliere intanto i rotang che ho tagliati. —

Scelse trenta bambù della specie gigante, li fece tagliare onde avessero tutti l’eguale lunghezza, quindi li dispose lungo le linee del rettangolo, mentre il marinaio, sull’alto della scala l’incrociava a metà, legandoli solidamente coi rotang recati dal mozzo.

A operazione finita, tutti quei bambù rassomigliavano a tanti X, le cui basi erano state infisse nel suolo, mentre le punte estreme dovevano servire a ricevere le traverse di sostegno destinate al piano della capanna. Si rifocillarono con un pezzo di babirassa arrostito dal mozzo, poi si rimisero al lavoro con febbrile attività sulla cima dei bambù.