Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
52 | Capitolo ottavo |
Piccolo Tonno, ti farò assaggiare il giupin!... Terremoto di Genova! Ti leccherai le dita!...
— E i maccheroni, signor Emilio?.. Ah!... Cosa darei per averne un piatto!... Altro che giupin!
— Ehi, furfante! Non disprezzare il giupin! — esclamò il marinaio.
— Non vale i maccheroni — ribattè il mozzo. — Vorrei preparartene un piatto a mio modo e scommetto che mangeresti anche il piatto, marinaio.
— Roba da napoletani!...
— Lave del Vesuvio! Disprezzare i maccheroni! Tu perdi la testa, marinaio!
— Il giupin, ti dico!...
— I maccheroni!...
— Avete finito? — chiese il signor Emilio, che rideva, vedendoli arrabbiarsi pei loro piatti favoriti. — Litigate pei maccheroni e per la zuppa alla marinara, mentre non possiamo avere nè l’uno nè l’altra, anzi non abbiamo nemmeno i recipienti dove cucinarle. Calmatevi, ragazzi miei, e pensiamo invece a fabbricarci il ricovero, innanzi a tutto.
— Credo che abbiate ragione, signor Albani, — disse il marinaio. — Parliamo di cose che sono ancora molto lontane o che forse non potremo mai avere.
— Col tempo, chissà!...
— Sperate di farmi mangiare la zuppa?...
— Ed anche i maccheroni, forse
— Ah! signore! — esclamò il mozzo, cogli sguardi ardenti.
— Basta, andiamo alla spiaggia. —
Il marinaio e il mozzo si caricarono degli ultimi bambù e si diressero verso la costa, mentre il signor Albani si dirigeva verso un folto macchione dai cui alberi pendevano delle numerose corde vegetali, che parevano avere delle lunghezze straordinarie.
— Ecco le funi per i nostri bambù, — mormorò. — Abbiamo tutto sottomano. —