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144 I Vicerè

mandola «mamma,» dimostrandole il rispetto che le doveva, pareva scontenta di lei, vergognosa della sua ignoranza e della sua semplicità. Era una cosa tanto sottile, che Matilde quasi incolpavasi di cattiveria, notandola: una specie di condiscendente compatimento verso le opinioni della suocera come per quelle d'un bambino o d’un inferiore; una impercettibile esagerazione d’obbedienza, una cert’aria di sacrifizio che pareva volesse ispirare l’altrui compianto, ma che riusciva molto antipatica alla contessa.

Per altro, questa era sicura di non dover sopportare troppo a lungo la compagnia di lei. La necessità di sistemar gl’interessi poteva solo trattenere Raimondo in Sicilia, ma forse egli avrebbe affrettata la partenza per fuggire il colera. Già alle prime voci di pestilenza, inquieta per la lontananza del padre e della bambina, ella gli aveva domandato le sue intenzioni; ma suo marito non si era ancora deciso. L’anno innanzi, in Toscana, udendo le notizie delle stragi di Sicilia, del pazzo terrore che regnava nell’isola, dello scioglimento d’ogni civile consorzio, aveva espresso la propria soddisfazione per essere lontano dalla «selvaggia» terra natale, dove, diceva, non lo avrebbero sicuramente capitato in tempo d’epidemia; pertanto ella era quasi sicura che sarebbero presto passati nel continente, prendendo con loro la bambina per via. Raimondo invece pareva esitante; se la pigliava, sì, con la cattiva stella che lo aveva fatto cogliere dalla pestilenza nella trappola isolana, ma diceva di non potersi mettere in viaggio adesso che il male era scoppiato, anche per riguardo della gravidanza di lei. Frattanto il barone le scriveva da Milazzo di raggiungerlo lassù, poiché il colera veniva dal Mezzogiorno, e di far presto a lasciar Catania, di non dar tempo alla gente spaventata di sbarrar tutte le strade. Così, secondo che le notizie incalzavano, che le lettere del padre le facevano maggior premura, che il pericolo di restar divisa dalla sua bambina diveniva più grave, il cuore di lei si chiudeva, dal terrore, dall’ambascia, quasi ella fosse sul