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Pagina:I Vicerè.djvu/468

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466 I Vicerè


— Abbasso i preti!... Abbasso le tonache! Viva Roma nostra!...

Il frate, livido in volto, con gli occhi spalancati, guardò un momento la folla minacciosa e urlante; di repente, alzò le braccia, gridando anche lui, scompostamente:

— Eb!... Eh!...

— È il matto... lasciatelo andare!... — esclamarono alcuni; ma pochi udirono l’avvertimento, e la folla si mise in moto gridando:

— Morte ai preti!... Abbasso il temporale!... Abbasso!... Morte!...

Don Blasco, allungato il collo, riconobbe Frà Carmelo, un altro degli Uzeda ammattito, il bastardo che a dispetto della fede di battesimo si rivelava anch’egli della famiglia. E il professore, alla vista della tonaca, se era un energumeno, inferocì come un torello al rosso:

— Morte ai corvi!... Giù i tricorni: viva il pensiero laico!... Abbasso l’ultramontanismo!...


Il pazzo, alla luce fantastica delle torce, continuava a gestire scompostamente, a gridare: «Eb!... Eb!...» senza riconoscere l’ex-paternità di don Blasco, il quale, per non esser da meno del professore che gl’intronava le orecchie, vociava anche lui:

— Abbasso!... Morte!... Abbasso!