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564 I Vicerè

dimenticava gli ordini, sbagliava il servizio; ma quando la gente cominciò ad andarsene, un’impazienza febbrile l’animò ad un tratto. Spingeva via le persone con gli occhi, non stava fermo un minuto, e finalmente, quando credette che non ci fosse più nessuno, entrò nella Sala Rossa.

— Eccellenza....

C’era ancora il principino. Vedendo entrare il maestro di casa, Consalvo s’alzò e baciò la mano al padre. Ebbe appena voltato le spalle, accompagnato da Teresa e dalla principessa, che il principe, cavata finalmente la sinistra dalla tasca dove l’aveva sempre tenuta, squadrò le corna contro il jettatore. Ma la voce di Baldassarre lo richiamò:

— Eccellenza....

— E tu, che vuoi?

— Eccellenza, — disse il maestro di casa, — io me ne vado.

— Dove? — domandò il principe, credendo d’avergli dato qualche commissione della quale s’era dimenticato.

— Me ne vado via. Chiedo licenza a Vostra Eccellenza.

Il padrone lo guardò un poco, credendo d’aver frainteso.

— Licenza? Perchè?

— Per niente, Eccellenza. Sono stato quarant’anni in casa di Vostra Eccellenza, ora me ne voglio andare. Vostra Eccellenza può tenermi per forza? In casa sua, Vostra Eccellenza comanda come gli pare e piace; chi le può dir nulla?... Anch’io in casa mia sono padrone. Vostra Eccellenza può procurarsi un altro maestro di casa meglio di me; non ne mancano: il primo del mese io me ne vado.

— Sei impazzito?

— Non ne mancano.... In casa sua Vostra Eccellenza è padrone.... fa come crede.... Io me ne vado.... Il primo del mese....