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70 I Vicerè

Nè gli altri nipoti che il monaco adesso difendeva in odio alla morta, provocandoli a rifiutare il testamento, avevano goduto mai le sue buone grazie. Bastava già che fossero figli di colei ch’egli considerava come sua personale nemica; ma poi, ai suoi occhi, avevano torti particolari tutti quanti, a cominciar da Chiara e da suo marito.

La gran colpa di quest’ultimo consisteva nell’esser stato scelto dalla principessa come genero e d’aver voluto bene a Chiara nonostante l’avversione dimostratagli dalla ragazza; anzi per questo appunto don Blasco ci aveva sguazzato, potendo scagliarsi a un tempo contro di lui che voleva «ficcarsi per forza» in casa Uzeda, contro la principessa che voleva «violentare» la figlia e contro la nipote «sciocca e pazza tanto» da rifiutare un partito «come quello!...» Resistendo alla madre, Chiara veramente avrebbe dovuto riscuoter lodi e incoraggiamenti dallo zio monaco; ma don Blasco era fatto così, che quando qualcuno gli dava ragione egli mutava opinione per dargli torto. Il fidanzamento era stato perciò tutt’una guerra violenta fra cognato e cognata, tra zio e nipote ed anche tra madre e figlia, giacchè la principessa ne aveva fatto anche qui una delle sue.

Per lei, come per tutti i capi delle grandi famiglie, i figliuoli desiderabili ed amabili non potevano essere se non maschi: le femmine non sapevano far altro che mangiare a ufo e portar via parte della roba di casa, se andavano a marito. Questa idea salica molto ben radicata nel suo cervello, ammetteva veramente qualche eccezione ― ella stessa, per esempio ― ma verso la prole era la sola che la guidava. Fra gli stessi maschi, tuttavia, ella non ne aveva considerati due egualmente. In vita, aveva quasi odiato il primogenito e idolatrato Raimondo; ma l’odiato era l’erede del titolo, il futuro capo della casa; e il preferito, nonostante il sacrificio di Lodovico, un semplice cadetto: per questo ella aveva messo d’accordo il rispetto alla tradizione feudale e la soddisfazione della sua personale volontà deliberando, senza dirne