Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/203

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Quando Renzo e i due compagnoni giunsero all’osteria, vi trovarono quel tale già piantato in sentinella, che ingombrava mezzo il vano della porta, appoggiato colla schiena ad uno stipite, colle braccia incrocicchiate sul petto, e sguaraguatava a dritta e a sinistra, facendo lampeggiare ora il bianco, ora il nero di due occhi grifagni. Una berretta piatta di velluto chermisino, posta per traverso, gli copriva la metà del ciuffo, che dividendosi sur una fronte fosca, terminava in trecce fermate con un pettine sulla nuca. Teneva sospeso in una mano un grosso randello: arme propriamente, non ne portava in mostra; ma solo a guardargli in viso, anche un fanciullo avrebbe immaginato che doveva averne soppanno quante ve ne poteva capire. Quando Renzo primo dei tre gli fu presso, e mostrò di volere entrare, colui, senza scomodarsi, lo guardò fiso fiso; ma il giovane, intento a schifare ogni quistione, come suole ognuno che abbia un’impresa scabrosa da condurre a termine, non disse pure: fatevi in là; e rasentando l’altro stipite, passò in isbieco, col fianco innanzi, per l’apertura lasciata da quella cariatide. I due compagni dovettero fare la stessa evoluzione, se vollero entrare. Entrati videro gli altri dei quali già avevano intesa la voce,