Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/202

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pure non volle mancare; uscì, sotto scusa di pigliare un po’ d’aria, e s’avviò in fretta in fretta al convento, per dare al padre Cristoforo l’avviso promesso. Poco dopo si mossero gli altri scherani, e discesero a uno, a due, alla spicciolata, per non parere una compagnia: il Griso venne da poi, e non rimase indietro che una lettiga, la quale doveva essere e fu portata al casolare, a sera avanzata. Ragunati che furono quivi, il Griso spedì tre di coloro all’osteria del villaggio: uno che si mettesse sulla porta ad osservare i movimenti della via, e a vigilare il momento in cui ogni abitante sarebbe ritirato: gli altri due che stessero dentro a giucare e a bere, come dilettanti; e attendessero intanto a spiare, se qualche cosa da spiare vi fosse. Egli, col grosso della truppa, rimase nell’agguato ad aspettare.

Il povero vecchio trottava ancora, i tre esploratori arrivavano al posto loro, il sole cadeva, quando Renzo entrò dalle donne e disse loro: “Tonio e Gervaso son qua fuori: vado con loro a cenare all’osteria; e al tocco dell’ave maria, verremo a prendervi. Su, coraggio, Lucia! tutto dipende da un momento.” Lucia sospirò e rispose: “oh sì, coraggio,” con una voce che smentiva la parola.