Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/223

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in sul letto, ne scese in fretta, aperse l’impannata d’una sua finestrella, mise la testa fuori, colle palpebre incollate tuttavia, e disse: “che cosa c’è?”

“Correte, Ambrogio! aiuto! gente in casa,” gridò verso lui don Abbondio. “Vengo subito,” rispose quegli; tirò indietro la testa, richiuse la sua impannata, e quantunque mezzo trasognato e più che mezzo sbigottito, trovò su due piedi uno spediente per dar più aiuto che non gliene venisse dimandato, senza cacciarsi egli nel tafferuglio, qual ch’ei fosse. Dà di piglio alle brache che teneva sul letto, cacciasele sotto il braccio come un cappello di gala, e giù balzelloni per una scaletta di legno; corre al campanile, afferra la corda della più grossa di due campanette che v’erano, e suona a martello.

Ton, ton, ton, ton: i contadini balzano a sedere sul letto; i garzoni sdraiati sul fenile, tendono l’orecchio e saltano in piedi. “Che è? Che è? Campana a martello! Fuoco? Ladri? Banditi?” Molte donne consigliano, pregano i mariti di non si muovere, di lasciar correre gli altri: alcuni si alzano, e vanno alla finestra: i poltroni, come se si arrendessero alle preghiere, si rappiattano sotto le coltri: i più curiosi e più bravi scendono a