Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/56

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— L’ho detto io, che c’era misterio sotto, pensò Renzo; e per tirarlo in luce, continuò: “Via, Perpetua, siamo amici; ditemi quel che sapete, aiutate un povero figliuolo.”

“Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo.”

“Gli è vero” ripigliò questi, sempre più confermandosi nei suoi sospetti, e cercando di accostarsi più alla quistione, “gli è vero; ma tocca egli ai preti di trattar male coi poveri?”

“Sentite, Renzo; io non posso dir niente, perchè ..... non so niente; ma quello di che vi posso assicurare si è che il mio padrone non vuol far torto nè a voi nè a nessuno; e non ci ha colpa.”

“Chi è dunque che ci ha colpa?” domandò Renzo, con un cotal atto trascurato, ma col cuor sospeso, e coll’orecchio all’erta.

“Quando vi dico che non so niente .... In difesa del mio padrone posso parlare; perchè mi fa male sentire che gli si dia cagione di voler far dispiacere a qualcheduno. Pover uomo! se pecca, è di troppa bontà. C’è bene a questo mondo del birboni, dei prepotenti, degli uomini senza timor di Dio ....”

— Prepotenti! birboni! pensò Renzo: questi