Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/105

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due picciole bilie diritte. La cordicella avvinghiava il polso del paziente; i legnetti, passati tra il medio e l’anulare del prenditore, gli rimanevano chiusi in pugno, di modo che egli, storcendolo, ristringeva l’allacciatura a volontà; con che aveva mezzo, non solo di assicurare la presa, ma anche di martoriare un recalcitrante: a far meglio il quale effetto, la cordicella era sparsa di nodi.

Renzo si sbatte, grida: “che tradimento è questo? A un galantuomo....!” Ma il notaio, che per ogni tristo fatto aveva le sue buone parole, “abbiate pazienza,” diceva: “fanno il loro dovere. Che volete? son tutte formalità; e anche noi non possiamo trattar la gente a seconda del nostro cuore. Se non si facesse quello che ci viene comandato, staremmo freschi noi altri, peggio di voi. Abbiate pazienza.”

Mentre egli parlava, i due uomini d’operazione diedero una storta ai manichini. Renzo s’acquetò come un cavallo bizzarro che si sente il labbro stretto fra le morse, e sclamò: “pazienza!”

“Bravo figliuolo!” disse il notaio: “questa è la vera maniera d’uscirne a bene. Che volete? è una seccatura; lo capisco anch’io: ma portandovi bene, in un momento ne siete