Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/147

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quell’orrore indefinito con cui l’animo combatteva da qualche tempo, parve soverchiarlo subitamente. Era per perdersi affatto; ma atterrito più che d’ogni altra cosa del suo terrore, richiamò al cuore gli antichi spiriti, e gli comandò che reggesse. Così rinfrancato un momento, si fermò su due piedi a deliberare; e risolveva d’uscir tosto di quivi per la via già percorsa, d’andar dritto all’ultimo paese per cui era passato, di tornar fra gli uomini e di cercar quivi ricovero, anche all’osteria. Or mentre così stava, sospeso il fruscìo dei piedi nel fogliame, tutto tacendo d’intorno a lui, un romore gli venne all’orecchio, un mormorìo d’acque correnti. Bada; s’accerta; esclama: “è l’Adda!” Fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore. La stanchezza quasi scomparve, gli tornò il polso, sentì il sangue scorrer libero e tepido per tutte le vene, sentì crescer la fiducia dei pensieri, e svanire in gran parte quella scurità e gravità delle cose; e non esitò ad internarsi vie più nel bosco, dietro all’amico romore.

Giunse in breve alla estremità del piano, sull’orlo d’una ripa profonda; e traguardando per le macchie che tutta la rivestivano, vide luccicare al basso l’acqua scorrevole. Alzando

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