Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/22

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anche questa; e tenne dietro a uno che, fatto un fascio di asse spezzate e di schegge, se lo recò in ispalla, e andò come gli altri, per la via che costeggia il fianco settentrionale del duomo, e ha nome dagli scalini che c’erano, e da poco in qua non ci son più. La voglia di osservare gli avvenimenti non potè fare che il montanaro, giunto al cospetto della gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la bocca aperta. Studiò poi il passo per raggiugner colui che aveva preso a guida; voltò il canto, diede pure una occhiata alla fronte del duomo, rustica allora in gran parte e ben lontana dal compimento; e sempre dietre a colui, che tirava verso il mezzo della piazza. La gente era più spessa quanto più si andava innanzi; ma al portatore si faceva largo: egli fendeva l’onda del popolo, e Renzo, sottentrando nel varco fatto da lui, pervenne con lui al centro della folla. Quivi era uno spazio, e in mezzo una baldoria, un mucchio di brage, reliquie degli attrezzi detti di sopra. All’intorno era un batter di mani e di piedi, un frastuono di mille grida di trionfo e d’imprecazione.

L’uomo del fascio lo rovesciò sulle brage; altri con un troncone di pala mezzo abbrustolato, le rimescola e le stuzzica di sotto e dai lati: