Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/302

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sentirne sdegno, anzi quasi un sollievo “che gloria,” proseguiva Federigo, “ne viene a Dio? Son voci di terrore, son voci d’interesse; voci fors’anche di giustizia, ma di una giustizia così facile! così naturale! alcune forse, pur troppo, d’invidia di codesta vostra sciagurata potenza, di codesta fino ad oggi deplorabile sicurtà d’animo. Ma quando voi stesso sorgerete a condannare la vostra vita, ad accusar voi stesso, allora! allora Dio sarà glorificato! E voi domandate che cosa Dio possa fare di voi? Chi son io, pover’uomo, che sappia dirvi fin d’ora che profitto, possa cavar da voi un tal Signore? che cosa Egli possa fare di codesta volontà impetuosa, di codesta imperturbata costanza, quando l’abbia animata, infiammata d’amore, di speranza, di pentimento? Chi siete voi, pover uomo, che vi pensiate d’aver saputo da per voi immaginare e fare cose più grandi nel male, che Dio non possa farvene volere e operare nel bene? Che cosa può Dio far di voi? E perdonarvi? E farvi salvo? E compiere in voi l’opera della redenzione? Non sono elle cose magnifiche, e degne di Lui? Oh pensate! se io omiciattolo, io miserabile, e pur così pieno di me stesso, io qual