Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/316

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di farlo parlare con don Abbondio; e tutto poi fosse agli ordini di questo e dell’innominato, al quale strinse di nuovo la mano, in atto di commiato, dicendo: “v’aspetto.” Si volse a salutar col capo don Abbondio, e si avviò dalla parte che conduceva alla chiesa. Il clero gli tenne dietro, tra in frotta e in processione: i due compagni di viaggio rimasero soli nella stanza.

Stava l’innominato tutto raccolto in sè, pensoso, impaziente che venisse il momento di andare a tor di pene e di carcere la sua Lucia: sua ora in un senso così diverso da quello che lo fosse il giorno antecedente: e il suo volto esprimeva un’agitazione concentrata, che all’occhio ombroso di don Abbondio poteva facilmente parere qualche cosa di peggio. Lo traguardava, lo sogguardava, avrebbe voluto appiccare un discorso amichevole: — ma che cosa ho da dirgli? — pensava: — di nuovo, mi consolo? Mi consolo di che? che essendo stato finora un demonio, vi siate finalmente risoluto di diventare un galantuomo come gli altri? Bel complimento! Eh eh eh! comunque io volti le parole, il mi consolo non vorrebbe dir altro. E se sarà poi vero che sia diventato galantuomo: così in un subito! Delle dimostrazioni se ne fa tante a