Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/63

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favore di venire a berne un bicchiere con me.”

“Accetterò le vostre grazie,” rispose colui; e andò, come più sperto del luogo, innanzi a Renzo, per un cortiletto; s’accostò ad una porta invetriata, alzò il saliscendo, aperse ed entrò col suo compagno nella cucina.

Due lucerne la illuminavano, pendenti da due staggi appiccati alla trave del palco. Molta gente, tutta in faccende, era adagiata sovra panche al di qua e al di là di un descaccio stretto, che teneva quasi tutto un lato della stanza: ad intervalli, tovagliole e imbadigioni; ad intervalli, carte voltate e rivoltate, dadi gittati e raccolti, fiaschi e bicchieri da per tutto. Sul desco molle si vedevano anche correre berlinghe, reali e parpagliole, che, se avessero potuto parlare, avrebbero detto probabilmente: noi eravamo stamattina nella ciotola d’un fornaio, o nelle tasche di qualche spettatore del tumulto, che tutto intento a vedere come andassero gli affari publici, si dimenticava di curare le sue faccenduole private. Lo schiamazzo era grande. Un garzone girava innanzi e indietro, in fretta e in furia, al servigio di quella tavola insieme e tavoliere: l’oste stava seduto sur una panchetta, sotto la cappa del cammino, occupato, in apparenza,