Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/64

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di certe figure, che faceva, e disfaceva nella cenere colle molle; ma in realtà intento a tutto ciò che accadeva intorno a lui. S’alzò egli al suono del saliscendo: e si fece incontro ai sopravvegnenti. Veduta ch’ebbe la guida, — maladetto! — disse tra se: — che tu m’abbia a venir sempre tra’ piedi, quando manco ti vorrei! — Adocchiato poi Renzo in fretta, disse, pur tra sè: — non ti conosco: ma venendo con un tal cacciatore, o cane o lepre sarai: quando avrai dette due parole, ti conoscerò. — Però di questo muto soliloquio nulla trasparve sulla faccia dell’oste, la quale stava immobile come un ritratto: una faccia pienotta e lucente, con una barbetta folta, rossigna, e due occhietti chiari e fissi.

“Che cosa comandano codesti signori?” diss’egli.”

“Prima di tutto un buon fiasco di vino sincero,” disse Renzo: “e poi un bocconcino;” Così dicendo, s’assettò su una panca, verso l’estremità del desco e mandò un “ah!” sonoro, come se volesse dire: fa bene un po’ di panca dopo essere tanto stato in piedi e in faccende. Ma tosto gli corse alla memoria quella panca e quel desco, a cui da ultimo era stato seduto con Lucia e con Agnese: e mise un sospiro. Die’ poi una scrollatina di capo,