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CAPITOLO XXXIII.


Una notte, verso la fine d’agosto, proprio nel cuore della pestilenza, tornava don Rodrigo alla sua casa in Milano, accompagnato dal fedel Griso, l’uno di tre o quattro, che, di tutta la famiglia, gli erano rimasti vivi. Tornava da un ritrovo d’amici soliti radunarsi a stravizzo, per passare la malinconia del tempo che correva: e ogni volta ve n’era dei nuovi, e ne mancava dei vecchi. Quel giorno, egli era stato uno dei più allegri; e fra le altre cose, aveva fatto ridere assai la compagnia, con una specie d’elogio funebre del conte Attilio, portato via dalla peste, due giorni innanzi.

Camminando però, sentiva una mala voglia, un abbattimento, una fiacchezza di gambe, una gravezza di respiro, un’arsura interna, che avrebbe voluto attribuire in tutto al vino, alla veglia, alla stagione. Non fece