Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/240

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rato, affannoso, negli orecchi un rombo e uno stridore, un fuoco di dentro, un peso in tutte le membra, peggio di quando s’era posto a letto. Esitò qualche pezza, prima di guardare alla parte dogliosa; finalmente la scoperse, vi gittò un’occhiata, raccapricciando; e scorse un sozzo gavocciolo d’un livido pavonazzo.

L’uomo si vide perduto: il terrore della morte lo invase, e, con un senso per avventura più forte, il terrore di divenir preda dei monatti, d’esser portato, buttato al lazzeretto. E deliberando sul modo di evitare questa orribile sorte, sentiva i suoi pensieri confondersi e intenebrarsi, sentiva avvicinarsi il momento che gli rimarrebbe sol tanto di coscienza quanto bastasse a disperare. Afferrò il campanello, e lo scosse con violenza. Ed ecco comparire il Griso, il quale stava all’erta. Si fermò a una certa distanza dal letto; guatò attentamente il padrone, e fu certo di ciò che la sera aveva congetturato.

“Griso!” disse don Rodrigo, alzandosi faticosamente a sedere: “tu sei sempre stato il mio fido.”

“Signor sì.”

“T’ho sempre fatto del bene.”

“Per sua grazia.”

“Di te mi posso fidare...!