Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/253

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giornata, si fermò in un boschetto, a mangiare un po’ di pane e di companatico che aveva portato con sè. Frutta, ne aveva a sua disposizione lungo tutto il cammino, troppo più del bisogno: fichi, pesche, susine, mele a volontà; solo che entrasse in una vigna, e stendesse la mano a spiccarne dai rami, o a ricoglier le più mature dalla terra, che n’era coperta al di sotto: chè l’anno era straordinariamente abbondante di pomi d’ogni sorta, e non v’era quasi chi ne tenesse cura: le uve pure nascondevano presso che i pampini, ed erano lasciate in balia del primo occupante.

In sul vespro, scoperse la sua terra. A quella vista, quantunque dovesse esservi preparato, si sentì come dare una picchiata al cuore: fu assalito in un punto da uno stuolo di memorie dolorose, e di dolorosi presentimenti: gli pareva d’aver negli orecchi quei sinistri tocchi a martello che lo avevano come accompagnato, inseguito nel suo fuggir dal paese; e insieme sentiva, per dir così, un silenzio di morte che vi regnava attualmente. Un turbamento ancor più forte provò allo sboccare in sul sagrato; e di peggio si aspettava al termine del cammino: chè dove egli aveva disegnato d’andare a fermarsi, era a quella casa