Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/254

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ch’era stato solito altre volte di chiamar la casa di Lucia. Ora; non poteva essere, tutt’al più che quella d’Agnese; e la sola grazia, ch’egli domandava al cielo era di trovarvela in vita e in salute. E in quella casa si proponeva di chiedere albergo, congetturando bene che la sua non dovesse esser più alloggio che da topi e da faine.

Per riuscire adunque colà, senza attraversare il villaggio, prese un viottolo sul di dietro, quello stesso per cui egli era venuto in buona compagnia, quella notte così fatta, per sorprendere il curato. Al mezzo circa, v’era anche da una parte la vigna, e dall’altra la casetta di Renzo; sicchè, in passando, egli potrebbe entrare un momento nell’una e nell’altra, a vedere un po’ come stesse il fatto suo.

Andando, guardava innanzi, ansioso insieme, e timoroso di veder qualcheduno; e, dopo pochi passi, vide infatti un uomo in camicia, seduto in terra, colla schiena appoggiata a una siepe di gelsomini, in una attitudine da insensato: e, a questa, e poi anche alla cera, gli parve di raffigurar quel povero baciocco di Gervaso, ch’era venuto per secondo testimonio, alla sciaurata spedizione. Ma, fattosegli più presso, dovette accertarsi ch’egli era