Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/285

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la furia del contagio e l’infezione de’ cadaveri disseminati, che i pochi sopravvissuti erano stati costretti a sgombrare: sicchè, mentre lo sguardo del passeggiero rimaneva colpito da quell’aspetto di solitudine e di abbandono, più d’un senso era troppo dolorosamente e troppo increscevolmente offeso dai segni e dalle reliquie della recente abitazione. Sollecitò Renzo i passi, rianimandosi col pensare che la meta non doveva essere così vicina, e sperando che, prima di giugnervi, troverebbe mutata, almeno in parte, la scena; e in fatti, di lì a non molto, riuscì in luogo che poteva pur dirsi città di viventi: ma quale città ancora, e quali viventi! Serrati, per sospetto e per terrore, tutti gli usci da via, salvo quelli che fossero spalancati per disabitamento, o per invasione; altri inchiodati e suggellati al di fuori, per esser nelle case morta o inferma gente di peste; altri segnati d’una croce tirata col carbone, per indizio ai monatti, essere ivi morti da prendere: il tutto più alla ventura che altrimenti, secondo che si fosse trovato piuttosto qua che là un qualche commissario della sanità o altro uficiale, che avesse voluto eseguir gli ordini, o fare un’angheria. Per tutto stracci, fasciature saniose, strame ammorbato, o vesti, o lenzuola