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Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/378

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V’andò; la chiamò a nome dalla strada: a una tal voce, ella venne in furia alla finestra; e, mentre stava colla bocca spalancata per mandar fuora non so che parola, non so che suono, Renzo la prevenne dicendo: “Lucia è guarita: l’ho veduta ier l’altro: vi saluta; verrà presto. E poi ne ho, ne ho delle cose da dirvi.”

Tra la sorpresa dell’apparizione, e la gioia della notizia, e la smania di saperne di più, Agnese cominciava ora una esclamazione, ora una domanda, senza finir nulla: poi, dimenticando le cautele che era solita a prendere da molto tempo, disse “vengo ad aprirvi.”

“Aspettate: e la peste?” disse Renzo: “voi non l’avete avuta, credo.”

“Io no: e voi?”

“Io sì; ma voi dunque dovete aver giudizio. Vengo da Milano; e, sentirete, sono proprio stato nel contagio fino agli occhi. È vero che mi son tutto mutato da capo a a piè; ma l’è una porcheria che la s’attacca alle volte come un malefizio. E giacchè il Signore v’ha preservata fin’ora, voglio che v’abbiate cura, per fin che sia finito questo influsso; perchè siete la nostra mamma: e voglio che campiamo insieme un bel pezzo allegramente, a conto del gran patire che abbiam fatto, almeno io.”