Pagina:I ricordi del Capitano D'Arce.djvu/111

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Prima e poi 101

Gioconda pretendeva che avessi la febbre, che dovessi prendere del laudano, del cloralio, che so io, alle quattro del mattino, figuratevi! Ah, che misera cosa non potere cambiar d’umore come si cambia di vestito, e avere dei nervi che fanno la festa mentre si ha voglia di dormire! La buona dormita che vorrei fare sino a Napoli, tutta d’un fiato, senza sogni e senza sentirmi vivere, e svegliarmi laggiù, nel paese che ride e canta, senza pensare a quel ch’è stato ieri o a quel che sarà domani! Quando ci rivedremo, laggiù, se ci rivedremo, voglio che mi troviate savia, grassa e prosperosa come quella bionda vergine ch’è venuta a far la tisica, qui all’albergo, e la vocina sottile per cantare le arie del Tosti, svenendosi sul piano. Voglio che torniamo a ridere, senza musi lunghi, e senza “dolci languori negli occhi desiosi.„ Oh, no! A che pro’ adesso? Noi ci siamo detto tutto. E le parole amare che rimangono all’ultimo.... No, Riccardo! quelle no! Ieri sera eravate nervoso anche voi. La mano che vi ho stesa nel dirvi addio, la mano che vi parlava altre volte, e vi diceva tante cose, non ha saputo trattenervi. Ho persa anche la fede in quel povero neo che vi faceva perdere la testa a voi, una volta,