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108 I ricordi del Capitano D'Arce

di mare. Indovinavasi ciò che avessero dovuto fargli soffrire i farfalloni che svolazzavano un tempo intorno alla sua bella Ginevra, adesso che non era più geloso di lei, ed era tornato a prendersela sotto il braccio pietosamente, chinando il capo a tutti i suoi capricci, quasi sapesse che la poveretta non ne avrebbe avuti per molto tempo....

Dopo era ripartito subito, per ordine superiore, dicevasi; e dicevasi pure che l’ordine d’imbarcare l’avesse chiesto colla stessa sollecitudine con cui un tempo aveva desiderato di non lasciare la moglie e il Dipartimento di Napoli. Essa, disperatamente, s’attaccava alla vita colle manine scarne, povera donna, e affaticavasi a menare a spasso i suoi guai e i suoi terrori segreti, ai balli, in teatro, come ripresa dalla febbre mondana — e forse era la stessa febbre che la teneva in piedi, sotto le armi, torturandosi delle ore dinanzi allo specchio, per strascinarsi poi col fiato ai denti sino al suo palchetto, o per passare soltanto da una sala da ballo. — Ma così felice, sotto la carezza dei binoccoli che si puntavano sul suo petto anelante, e sembravano scaldarle il sangue nelle vene! Così grata a quell’anima buona che venisse a farle un briciolo di corte! — Senza cadere in tentazione,