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116 I ricordi del Capitano D'Arce


Le si era fatta la voce un po’ roca. Tutto ciò che le veniva alla mente e sulle labbra aveva la stessa velatura stanca, e un abbandono che avvinceva me pure. Senza quasi avvedermene le avevo preso la mano, ed essa me la lasciò, calda ed inerte.

Allora, senza guardarmi, quasi senza volerlo, mi confidò il segreto di ciò che aveva sofferto laggiù, lontana da tutti, in paese straniero. Una storia semplice e dolorosa, senza dramma, senza neppure l’ombra di una rivale. Colui pel quale aveva abbandonata la sua casa e la sua patria non l’amava più: ecco tutto. — Amore.... chi lo sa? Anch’io avevo amato Casalengo.... o m’era parso, prima di lasciarlo per quell’altro... — Per una parola che ci suoni meglio all’orecchio, per un’occhiata che lusinghi il nostro vestito nuovo, per una frase musicale che ci faccia sognare ad occhi aperti.... Ecco perchè ci perdiamo, e ciò che forma quest’amore. Quando egli non ebbe più dinanzi altre seduzioni con cui confrontare la mia, quando non temè più altri rivali.... Una mattina, sull’alba, tornò pallido e fosco. Aveva perduto. Giuocava da un pezzo, da che non mi amava più. E si voleva uccidere perchè non poteva pagare.... Non per me.... Lui che aveva tutte le delicatezze, tutta la poe-