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28 I ricordi del Capitano D'Arce

prestavasi discretamente alla manovra, col tatto di una donna che sa vivere e lasciar vivere, tutta per lei, affabilissima anche con Alvise, dimenticando quasi che io fossi lì, come un intruso in quel terzetto spensierato che lasciava suonare la campana della partenza senza badarci. Infine la ragazza che andava in giro col piattello a raccogliere i soldi pei virtuosi che ci avevano strimpellato l’augurio di buon viaggio, il cameriere che spingeva verso la scaletta i venditori di cannocchiali e di pettini di tartaruga, fecero capire ch’era il momento di separarci. Le due amiche si buttarono le braccia al collo. Alvise s’ebbe pure la sua stretta di mano all’inglese dalla signora Maio, la quale trovò un mondo di saluti da lasciargli, per lui, pei suoi amici, per tutto il genere umano, occupandolo, impadronendosene, pigliandoselo tutto per sé, tenendolo sempre per mano, mentre Ginevra stringeva la mia forte forte — fu l’unico segno — e le labbra che tremavano, il sorriso che spasimava, e l’occhiata lunga.... Poi la rivolse sull’amica, scintillante, e quasi minacciosa.

— Buona Ginevra! — osservò la Maio, rispondendo al saluto che essa continuava a mandare dalla barchetta, mentre si allontanava in compagnia di Al-