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Pagina:Iacopone da Todi – Le Laude, 1915 – BEIC 1853668.djvu/14

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8 lauda iii


     — Recordo d’una femena — ch’era bianca, vermiglia,
vestita, ornata, morbeda, — ch’era una maraviglia;
le sue belle fateze — lo pensier m’asutiglia;
molto sí me simiglia — de potergli parlare.
     — Or attende ’l premio — de questo c’hai pensato;
lo mantello artollote — per tutto sto vernato;
le calzamenta lassale — per lo folle cuitato;
ed un disciplinato — fin a lo scorticare.
     — L’acqua che bevo noceme, — caggio ’n etropesía;
lo vino, prego, rendeme — per la tua cortesía!
Se tu sano conserveme, — girò ritto per via;
se caggio ’n’enfermaria, — opo me t’è guardare.
     — Poi che l’acqua nocete — a la tua enfermentade
e lo vino noceme — a la mia castitade,
lassa lo vino e l’acqua — per la nostra sanetade;
sostien necessitate — per nostra vita servare.
     — Prego che non m’occide! — nulla cosa demanno;
en veritá promettote — de non gir mormoranno;
lo entenzare veiome — che me retorna en danno;
che non caggia nel banno — vogliomene guardare.
     — Se te vorrai guardare — da omne offendemento,
sirotte tratta a dare — lo tuo sostentamento;
e vorròme guardare — dal tuo encrescemento;
sirá delettamento — nostra vita salvare.
     Or vedete ’l prelio — c’ha l’omo nel suo stato!
tante son l’altre prelia, — nulla cosa ho toccato;
che non faccian fastidio, — aggiol’abbreviato;
finisco sto trattato — en questo loco lassare.