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140 lauda lxii


     Poi gl’insegna de schirmire, — de dar colpi e sofferire,
enségnali co degia dire: — pace en bocca gli è trovato.
     Lo Nemico s’atremío, — vedendo lui s’empaurío,
parvegli Cristo de Dio — che en croce avea spogliato.
     — S’egli è Cristo, non me giova, — ch’esso vencerá la prova;
non so guerra che me mova, — sí par dotto ed amastrato.
     Lasso me, da cui so vento! — ancora non me sgomento,
voglioce gire, e mo el tento, — ch’io possa far con lui mercato.
     O Francesco, que farai? — te medesmo occiderai
del digiunio che fai,— sí l’hai duro comenzato.
     — Facciol con discrezione, — ch’agio ’l corpo per fantone,
tengolo en mia pregione, — sí l’ho corretto e castigato.
     — Veramente fai co santo, — el tuo nom è en omne canto;
móstrate co stai ad alto, — ché ’l Signor ne sia laudato.
     — Celar voglio lo migliore — e mostrarme peccatore;
lo mio cor agio al Signore, — tenendo el capo umiliato.
     — Quegna vita vorrai fare? — non vorrai tu lavorare
che ne possi guadagnare — e darne a chi non è adagiato?
     — Metteròmme a gir pezente — per lo pane ad onne gente,
l’amor de l’Onnipotente — me fa gir co ’nebriato.
     — Frate, tu non fai niente, — periscerai malamente,
gli sequaci fai dolente, — c’hai niente conservato.
     — Tener voglio la via vera, — né sacco voglio né pera,
en pecunia posto èra — che non sia dagl miei toccato.
     — Or te ne va en foresta — con tutta questa tua gesta,
piacerá a l’alta Maièsta — e l’om ne sirá edificato.
     — Non so messo per mucciare: — ’nante, vengo per cacciare,
ché te voglio assediare — ed a le terre agio attendato.
     — Molta gente me torrai — con questo ordene che fai,
le femene me lasserai, — che non è buon misticato.
     — Ed io te voglio dir novelle — le qual non te paròn belle:
fatto ho orden de sorelle, — da le qual sie guerregiato.
     — Qual serà la scortegiante — che se voglia trare enante
contra le mie forze tante, — che tutto ’l mondo ho conquistato?
     — Nella valle Spoletana — una vergen c’è soprana:
Clara, de donna Ortulana, — tempio de Dio consecrato.