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     De te giá non volere — se none que vuol esso,
perdere tutto te stesso — en esso trasformato.
En tutti i suoi piaceri — sempre te trova messo,
vestito sempre d’esso, — de te tutto privato.
Però che questo stato — onne virtute passa,
ché te Cristo non lassa — cader mai en fetore.
     Da poi che tu non ami — te, ma quella bontate,
cerca per veritate — ch’una cosa se’ fatto.
Bisogno è che te reami — sí con sua cantate,
en tanta unitate — en esso tu sie attratto.
Questo sí è baratto — de tanta unione,
nulla divisione — pò far doi d’un core.
     Se tutto gli t’èi dato — de te non servando,
non te, ma lui amando — giá non te può lassare.
Quel ben che t’è donato, — en sé te commutando,
lasserá sé lassando — en colpa te cascare.
Donqua co sé lassare — giá non può quella luce,
síi te, lo qual conduce — per sí unito amore.
     O alta veritate — cui è la signoria,
tu se’ termine e via — a chi t’ha ben trovato.
Dolce tranquillitate — de tanta magioria,
cosa nulla che sia — può variar tuo stato;
però che è collocato — en luce de fermeza,
passando per laideza — non perde el suo candore.
     Monda sempre permane — mente che te possede,
per colpa non se lede, — ché non se può salire.
En tanta alteza stane — ed en pace resede,
mondo con vizio vede — sotto sé tutto gire.
Virtute non ha sentire, — né caritá fervente,
de stato sí possente — giá non possedè onore.
     La guerra è terminata, — de le virtú battaglia,
de la mente travaglia, — cosa nulla contende.
La mente è renovata, — vestita a tal entaglia,
de tal ferro è la maglia, — feruta no l’offende.
Al lume sempre intende — nulla vuol piú figura,
però che questa altura — non chiede lume de fuore.