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lauda xxiv 47


     Passato el tempo, empresi a giocare,
con gente usare — e far grande spese;
mio pate stava a dolorare
e non pagare — le mie male emprese;
le spese commesse — stregnéme a furare,
lo biado sprecare — en mala menata.
     Poi che fui preso a far cortesía,
la malsanía — sí non è pegiore;
l’auro e l’argento che è en Suría
non empiería — la briga d’onore;
moriva a dolore — che non potea fare;
el vergognare — non gía en fallata.
     Non ce bastava niente el podere
a recoprire — le brighe presente;
asti e paraggi, calzare e vestire,
mangiare e bere — e star fra la gente;
render presente — parente ed amice
fuor tal radice — che l’arca on voitata.
     Se era constretto a far vendecanza
per soperchianza — ch’avesse patuta,
pagar lo bando non era en usanza
e la briganza — non c’era partuta:
la mente smarruta — crepava a dolore,
che ’l descionore — non era vengnata.
     Se l’avea fatta, giamene armato,
empaurato — del doppio aravere;
e stavame en casa empregionato
e paventato — nel gire e venire;
chi el porria dire — quant’è la pena
che l’odio mena — per ria comenzata!
     Volea moglie bella che fosse sana
e non fosse vana — per mio piacere;
con grande dota, gentile e piana,
de gente non strana — con lengua a garrire:
compíto desire — non è sotto ’l cielo
e l’om como scelo — che qui l’ha cercata.