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48 lauda xxiv


     Se non avea figli, era dolente,
ché ’l mio a mia gente — volea lassare;
avendo figli, non gli ho sí piacente
che la mia mente — ne sia en consolare;
or ecco lo stare — c’ha l’om en sto mondo,
d’omne ben mondo — per gente acecata.
     Recolto el biado e vendegnato,
arò semenato — per tempo futuro;
mai non se compie questo mercato,
sí continuato — conti en questo muro;
lo tempo a Dio furo — ed hogli sotratto
e rotto gli è ’l patto — de sua comandata.
     Battaglia continua del manecare,
pranzo, cenare — e mai non ha posa;
se non è aparechiato co a me pare,
scandalizare — sì fa la sua osa;
o vita penosa — ove m’hai menato
cusí tribulato — continua giornata!
     Mai non se giogne la gola mia brutta;
sapor de condutta — si vol per usanza,
viva exquisita e nuove frutta,
e questa lutta — non ha mai finanza;
o tribulanza, — ov’è ’l tuo finare,
la ponga voitare — e l’anema en pecata!
     La pena grande che è de le freve,
che non vengon leve, — ma molto penose,
e non se parton per leger de breve;
li medici greve — pagarse de cose,
siroppi de rose — ed altri vaseglie;
denar piú che griglie — ce vono a la fiata.
     A quanti mali è l’om sottoposto,
non porría om tosto — per risme contare;
glie medici el sanno, che contano el costo,
che scrivon lo ’ncostro — e fonse pagare;
abreviare — sí n’opo esto fatto
che compiam ratto — la nostra dittata.