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gatoria, ingegnandosi di accender visioni di bellezza attraverso gli splendori della bontà. Ma chiudiamo la parentesi e seguitiamo la cronistoria.

Dopo tre anni di vita, ossia alla fine dell’84, il De Gubernatis, stanco forse delle non poche fatiche che gli costava la direzione e la compilazione del suo giornale, mi propose di cedermene la direzione. La Cordelia era un organismo sano e vitale e non chiedeva per crescer florido e rigoglioso che l’amorevolezza e la continuità delle cure. Il De Gubernatis è stato ed è sempre un grande creatore di periodici; ma le vicende tumultuose della sua vita e il suo continuo aspirare al meglio (oh rara tempra d’uomo!) gli hanno spesso impedito di condurre a perfetta maturità i frutti del bellissimo ingegno.

Onorata grandemente dall’offerta accettai l’incarico di dirigere la Cordelia divenuta proprietà degli editori Ademollo e Bossi, a cui era stata ceduta. L’ufficio di direzione fu impiantato in una malinconica e vasta casa di Piazza del Duomo, che aveva l’unico vantaggio di essere come suol dirsi ad uscio e bottega colla tipografia nella quale si stampava il giornale.

A me, abituata ormai da anni all’aria sfasciata di S. Gallo, l’entrare in quel vasto ed oscuro capannone di Piazza del Duomo, fece un’impressione da non si dire. Mi ricordo che i primi giorni della mia vita di direttrice furono tristissimi; e gli amici dovettero durare non poca fatica a persuadermi che tutte le case del centro di Firenze erano buie e che la mia di Piazza del Duomo non era tra le peggiori.