Pagina:Ida Baccini, La mia vita ricordi autobiografici.djvu/205

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È giunto qui il momento di parlare di chi mi aiutò per lunghi anni nella faticosa ed ardua opera giornalistica, dei collaboratori più fedeli e più valenti alla mia Cordelia.

Oh la bella, nobile schiera di valorosi! Era possibile che l’oscurità di queste pagine, destinate a riassumere tutte le più care memorie della mia vita non dovesse venire illuminata dai vostri nomi?

Molti di voi si sono oggi conquistato un luogo eminente nelle lettere, nell’insegnamento, nel giornalismo; alcuni si affannano tuttora come me per la lotta della vita: altri — i più fortunati forse! — han disertato le file per la pace della tomba.

E m’è dolce rivolger prima che agli altri un nuovo saluto, a voi, o amici, che m’avete preceduta nella grande via misteriosa, e che m’aspettate: a voi cui mi avvince un sentimento di tenerezza immutabile.

Oh mio buon Enrico Nencioni, io ti vedo ancora quale io ti vidi in un melanconico pomeriggio di


    perata. E da Lei che ha fatto tanti progressi nello scrivere secondo l’uso nostro fiorentino, non me la sarei mai aspettata. A me fa questa impressione: ch’Ella abbia dato ad altri l’ordine di compilare la strenna della Cordelia e che quest’altro, abbia com’è detto nell’ultima edizione della Crusca, disposta acconciamente la materia cavata donde che sia.
    Mi scusi, gentilissima signora: scommetto che Ella non si sarebbe aspettata di trovare in me un pedante. Lo sono quando si tratta di cose scritte da chi sa scrivere com’Ella suole.
    Non creda però che mi sia fermato alla copertina del libro che mi è piaciuto e per il quale ringrazio chi me ne ha fatto il dono graditissimo. E mi confermo suo devotissimo obbligatissimo «Ubaldino Peruzzi