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XXVII.
Parentesi dolorosa.
(1855-1887).
A questo punto della narrazione mi pare opportuno riandare con la mente ad alcuni fatti dolorosi che si svolsero fra l’ottantacinque e l’ottantasette. Sono pietosi ricordi di famiglia che rievoco con malinconica compiacenza in queste pagine improntate alla più schietta sincerità.
All’Egle nell’anno 1872 era morto il marito: glie lo aveva portato via in pochi giorni una fierissima malattia di petto. La mia povera sorella rimase sola col figliolo Ettore e con la piccola Ebe, a cui subito io volli far da mamma, ritirandola presso di me: e dovè accudire personalmente, con l’aiuto di un semplice commesso, agli affari della sua azienda modesta. Oggi giorno una simile responsabilità non ispirerebbe il più piccolo timore ad una giovane donna. In trent’anni si è percorso un grande cammino; ma allora...
Per di più l’Egle era naturalmente apatica. Non possedeva minimamente, quello che si chiama spirito d’iniziativa, ed era assolutamente incapace non solo di atti energici che rivelassero la potenza della sua volontà, ma nemmeno di quelle determinazioni che tutti pren-