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«Del consueto spirito di sacrificio hanno dato prova in ogni occasione i reparti del Genio di tutte le specialità, attendendo impavidi ai compiti loro sotto il fuoco nemico, sempre pronti ad impugnare i moschetti e a combattere con la fanteria».
(Comunicato Diaz del 21-7-1918).
Combattere e costruire.
La genialità del nostro popolo di artigiani unici al mondo, (ne sono testimoni la ferrovia del Pacifico, la torre Eiffel, la vetta della Jungfrau) e di costruttori risorge spontanea dalle profondità della stirpe. Il nostro esercito ripercorre vie romane con ragioni romane: combattere e costruire. Perchè non credere, dunque, che in questi coraggiosi e formidabili costruttori riviva un poco della logica e dell’ardimento potente dei «metatores» di Cesare?
Trovano le vie scavate dalle mine, sepolte dalle frane, sventrate dalle granate, trovano i ponti spezzati in due, gli archi in frantumi, le grandi gabbie metalliche contorte sopra i piloni diruti, trovano le ferrovie interrotte, le rotaie divelte, le stazioni ridotte ad un mucchio di rovine inservibili.
Subito, rapido, tranquillo e paziente, il lavoro di ricostruzione incomincia. Tutto si ripulisce e si riordina. Quello che è straordinario, in tutto questo vasto congegno d’opere, non è tanto la loro moltitudine nè la rapidità con cui vengono eseguiti, quanto la loro solidità, la perfezione con cui sono architettate e costruite. Anche nelle più insignificanti e frettolose — in una passerella,
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