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Il teatro e Or non è molto abbiamo notato corno il teatro italiano avesse un periodico crisma da una rivista che no era divenuta 11*organo ufficiale»; ma purtroppo — poT chi pretenda a ogni oosto •jualche oonsolaziono — la rivista è ormai superiore al suo assunto; per uno suo abile sforzo di superare aridità e provincialismi con la conquista di un «tono» quasi europeo e un po’ meneghino, por una sua spregiudicata ricchezza di informazioni, per una corta cordialità fiduciosa che, per mezz’ora, può indurrò a facili ottimismi il distratto lettone.

Siamo anche stati facili profeti nel prevedere che ben presto «Comocdia» si sarebbe forse trovata nell’impossibilità di darci ogni quindici giorni una passabile commedia italiana o straniera che potesse protenderla a «novità*. La bella rivista di Mondadori col suo ottavo auno di vita, s’ò trasformata in mensile; e so le rubriche son diventate più vario e consapevoli del nuovo stile di quasi lussuoso magazine, se tra questo rubriche puoi persino trovarne di quelle dedicato alla cinematografia o all’abbigliamento delle attrici, in compenso i «tre atti» quasi sempre inediti, che prima erano magna pars del fascicolo, ora si son ridotti a uno striminzito quinterno, appiccicato por un lembo alin terza pagina della copertina.

Non sarebbe difficile, per chi se no appagasse, il trovare dai non arcani sottintesi in questa nuova economia tipografica della rivista. Ma in realtà l’ora che/volge por il teatro ò grigia senza essere disperata. L’attesa ò stanca ma non sfiduciata: e fatalmente dovrà pur risolversi nell’opera dell’artista o degli artisti che finalmente avranno saputo dare dei nomi o dei volti ai nomi e ai volti del tempo nostro.

Ma per ora si assiste a indifferenti epiloghi 0 a non gioiosi preludi. Noi giovani, che abbinili tanto sperato nel Pirandello dei «Sei personaggi», non possiamo avere per lui neanche l’amarezza di sofferte delusioni; cordialmente abbiamo accolto «Là donna di nessuno», cordialmente jpossiamo accogliere «Nostra dea*: o se Bragaglia non ci fa sorridere, Appia o Moyerhold non son mai stati per noi apocalittici nunzi di un’era nuovissima e fatale. Ma per tornaro a qualche soena che ci faccia dimenticare il libro o il traduttore o la sala o l’attore, dobbiamo tornare nella soffitta dell’anatra selvatica o nella povera casa dal giardino doi ciliegi. Ci protendiamo a ogni nuovo albore eli© s’annunci; ma troppe volte, ormai, abbiamo dovuto persuaderci che, quelle, eran luci lontane o riflesso di altre luci opposte e lontane: e por il fuoco centrale ancóra non vediamo apprestato neanche il primo mannello.

Ma so non è l’ora d’anticipare qui l’esame di coscienza della nostra generazione di fronte al teatro, non possiamo purtroppo non sentire la stanchezza sorda o grigia che emana dai nuovi «copioni» che dovrebbero essere suscitatori di nuove battaglie; oggi l’interpretazione non costituisce un necessario problema d’arte: o gli interpreti sono assillati dal bisogno di giungere al più presto a una formula che li possa definire alla beli’o meglio, a una silhouette non facilmente ricalcabile da chi anteponga le csigenze dell’abilità a quelle dello stile.

E’ di ieri la riguardosa schermaglia della polemica sulla critica bandita da «La fiera letteraria»; ora il Cantini, direttore di «Comoedia», riprende quel toma in tono minoro proponendo un’inchiesta sulla critica teatrale e sull’interpretazione.

ponendo ai suoi lettori domande incalzanti o precise: tanto cho, quelle, sembran norme di regolamento per un innocente «ooncorso-referendums al quale non manchino cho 1 premi in volumi, a scelta doi vincitori.

Molto probabilmente avremo un bis un po’ ridotto della polomica ospitata dalla «Fiera»; e non ci sarà speranzoso generica delle nostre compagnie drammatiche che non sentirà l’obbligo di dirci la sua. Tuttavia sono stati così rispolverati alcuni vecchi problemi che, data la magra della «stagiono», possono essere riaccolti; e, in ogni modo, possiamo esser grati al Cantini che li ha voluti risuscitare.

Se la critica teatrale sia «utilo o opportuna».

Sarà lecito di faro seriamente simili domando fiu quando in molti casi — e non soltanto in Italia — la critica teatrale sarà «esercitata* da critici improvvisati, sorti generalmente dalla fungaia del giornalismo.

Por un Pozza o per un Sinioni quanti autorucoli strozzali in sul nascere dalla «cronaca* o dallo «stelloncino», e quanti altri che dallo «stelloncino» e dalla «cronaca» pensano alla commcdiola come a una felice possibilità di «carriera» in redazione e di proventi collaterali a quolli della dura disciplina dell’edizione Borale o del mattino! Per quanti giovani giornalisti anche d’ingegno — cho quell’ingegno quotidianamente disperdono nel «pezzo» che esigo quà e là l’aggettivo azzeccato o il verbo traslato — per quanti di questi giovani un Fraccaroli rappresenta l’ideale facilità e disinvoltura noi saper passare dalle duo colonne di corpo nove ogni tanto a un «tre atti brillanti» ogni invento I E quante secrete sperauzo cho il loro la critica Fraccaroli abbia poi a trasfonnarsi in un Adami, meno sfacciato o più lacrimogeno, meno efficace o più abile, meno «giornalista > o più «autore I»

Se li cacciate a farla da «inviati», so la cavano; so li cacciate tra le recensioni, se la cavano; so fate «far» loro un circuito automobilistico o un intero Giro d’Italia, so la cavano; se li cacciate alla «cronaca», mordono il freno ma so la cavano; se in un periodo di magra o d’improvvisi malanni li cacciate sulla poltrona del critico, ne gioiscono, e se la cavano. Chi ha saputo affrontare lo stilo di un routicr, il fallimento di uno sciopero generalo, magari l‘hall di una conferenza internazionale, dovrebbe forse tremare scrutando i gesti di un Carminati o lo battuto di un Sorretta! Iufatti, leggendo la loro mezza colonnina, dovete ammettere cho, per quei gesti e per quello battute, veramente so la cavano. Beato quel direttore cho, senza infamia, può un bel giorno affidare la critica drammatica a un redattoro ordinario I Il Cantini ha appena accomiato a questa che è una delle dobolezzo più gravi dell’at tuale critica teatrale, il cui compito, per chi beu lo consideri, è già improbo e assurdo. Non mormoriamo la solita querimonia da impiegato sfruttato: che mia critica debba essere gencralmcnto ponzata tra mezzanotte e le due, cho della «novità* si possa assistere a una sola rappresentazione, che lo spazio, infine, sia limitato al millimetro.

Se in tal senso verranno facilitazioni anche ai critici teatrali, tanto meglio: altrimenti dovrai! pur saperlo a priori di essere un po’ gli «inviati speciali» della oritica e che dai luoghi della catastrofe devono immediatamento imbastire un «resoconto» e un giudizio.

L’improbo assurdo dell’attillile /,ritica teatrale ò che il critico si debba occupare di tutte le ■ novità» che vongouo alla ribalta. Da quando critica esisto, da quando giornali e rivisto la ospitano, a quale altro critico che non fosse quello teatrale s’è mai avuto il coraggio d’imporro di recarsi a tutte le esposizioni per giudicarne tutti i quadri e tutte le statue, di leggersi, infino, tutti i libri, fogli e libelli per darne, di ognuno, uu giudizio dettagliato csicuro! Se così fosse, gran parte di quotidiani o di rivisto sarebbe da tempo trasformata in ragionati cataloghi di mostre o in motivati bollettini bibliografici.

Dal modo con cui si sbrigano, talvolta, Simoni o Bacchelli, Tilghor o D’Amico, Lanza e Praga, di corto soioccbczzuolo dialogato, appare evidente che sarebbero essi i primi a compiacersi che di certe «novità», di parecchie «novità», sul loro giornale apparisse l’annuncio della replica soltanto dal bollettino dogli spettacoli.

Qualche pavido redattore-capo obbiotterà che la rappresoli fazione di una «novità» costituisce di per se stessa un avvenimento cho «esige» un tanto di cronaca; e allora, cronaca por cronaca, di fronte a certe commedie, il cronista non avrà forse «esauritoil suo compito» quando, non disturbando il critico, avrà dedicato la sua prosa agli abiti dogli attori, all’intensità dei fischi o degli applausi, alla mediocrità o all’elegante imponenza del pubblico!

Cho la rappresentazione di una «novità» sia anche avvenimento, celebrazione, pretesto: passi Ma almeno si conceda che la crìtica teatrale debba esser critica esercitata da critici: e cho questi debban dare il loro giudizio soltanto quando ne valga la pena.

Così come nella letteratura narrativa rì va profilando una reazione all’ultimo imperversare psicologistico, così do qualche tempo si va buccinando di un teatro teatrale. Craig vuol cacciare dai teatri i letterati, Moyerhold e Tairoff considerano il copione come un pretesto o una serie di pretesti per l’inscenatore, il nostro infaticabile Bragaglia — elio non sarà male prendere un po’ più sul serio — segue lo orme di Craig nello sue esclusioni, con uu ardore degno di un buon quirite che ricordi di aver avuto anche Meo Patacca tra i suoi eroi più recenti.

Se ai vari teatri del silenzio, se alle vario pretese puramente crepuscolari o coloristiche si vorrà darò un temporaneo ostracismo dalle ribalto, potremo esserne spiacenti ma non accoglieremo meno cordialmente lo nuove esperienze o i nuovi ritorni; e allora il critico teatrale dovrà forse prevalentemente occuparsi di masse e di toni, d’clomeuti praticabili e di fasci colorati, di cori, di pause e di preludi coreografici:

dovrà, insamma, faro i suoi conti anche con l’inscenatore che, se non avrà soppiantato l’autore, sarà riuscito u porsi sullo stesso suo piano.

Ala la oritica sarà sempre critica e — venga o non venga il. teatro teatrale — la critica drammatica, pur non avendo nessunissima alla leggo particolare, sarà sempre critica ispirata da manifestazioni d’arto chesaran pur sempre apparso sulle tavole di un palcoscenico. Qualunque nuova tendenza dovesse profilarsi nel teatro, qualunque nuova conquista o aberrazione dovessero annoverare i suoi annali, la critica teatrale sarà sempre, più cho «utile e opportuna», necessaria e inevitabile: fin quando, esattamente, accanto a quello artistiche esisteranno manifestazioni critiche.

Queste son lapalissiane scoperto. Ma ad esse ci conduce la prima inchiesta del Cantini: il quale chiede anche so i fattori interpretativi dovrebbero essere maggiormente considerati dalla critica teatrale.

Ora, quei cauti accenni, quei vaghi eufemismi, quel sorvolare talvolta con tatto c buon gusto: quella frequonto misericordia cho si risolve in un sorriso per non rivelarsi indignazione o pietà: quei segni non dubbi d’incredibilo generosità o di più che longanime arrendevolezza, clic quotidianamente si mostrano con bel garbo per dieci o dodici righe intoro: corno si può pretenderò cho abbiano ad affrontare la disperata impresa della mezza colonna?

Come pretenderò cho il critico cho una volta tanto ha quasi scritto quello che pensa sul dramma storico di quel fortunato mestierante o sul bolso avanguardismo di questo vecchiogiovane o di quel giovane-vecchio, come pretendere cho quello stesso critico dica o dimostri a quost’attrico che lo noto fondamontnh della sua arto sono lo sue spallo e le suo caviglie, insinui a quest’altra che lo sue interpretazioni migliori son quelle di manichini, dichiari all’attore quasi illustro che senza coltura non si giungerà mai a essere un illustro attore sul serio?

Forso il Cantini ha scoperto la ragione di tutto ciò dicendo che, di fronte agli interpreti, molti critici hnnno abdicato a ogni indipendenza di giudizio. Per giùngere ai capicomici molti autori in pectore si son travestiti da critici. E allora il critico punsa al suo diletto pupillo, l’autore: o per facilitare a questi l’arduo debutto quali lodi o quali indulgenze sarai! per essere eccessive?

Questo sarebbe allora un grave problema di moralità artistica. E se anche lo volessimo non sapremmo accennare a saporosi esempi in tal senso. Ma il Cantini pare.sicuro del fatto suo; o noi, se pur con tristezza, non abbiamo sufficienti motivi per non prestargli fede. Se la sua terza domanda — se l’autore possa essere critico o viceversa — dovesse nello suo intenzioni |/ortarci noi campo della moralità e fosse intesa a proporre rimedi o a intonare invettive, uoi non potremmo che umilmente seguirlo con lutti i nostri plausi più convinti e più ingenui:

che la lotta dogli onesti oontro i procaccianti e i malvagi è sempre stato bello c santo spettacolo, massimo nella repubblica delle Ietterò.

E risjcrboremo anche una piccola parte dei nostri plausi a chi, finalmente, crederà che per debellare le schiero dei procaccianti — oritici e artisti, o anche critici-artisti — ci si debba sforzare di lavorare, ognuno con tutto le forzo cho obbo in dono dalla sua sorto, por faro dell’onesta oritica c dell’arte che, conio quella critica, sia dovuta a una irrecusabile necessità spirituale.

Lo stesso problema — so l’autore possa essere critico o viceversa - - intoso senza preoccupazioni utilitarie o moralistiche, non ci paro cho possa esser limitato nell’ambito dell’attività teatrale; e ci pare invece uno doi problemi più formidabili cho oggi, nell’età doli» critica, una coscienza artistica, individualmente, si possa proporre. Non dimentichiamo le ultime rivelazioni dei cahiers di Saintc-Bcuvo; c non dimentichiamo che ancóra non abbiamo avuto una personalità di sommo critico e di sommo poeta.

Se questo non fosse, potremmo almeno averne non trascurabili esempi e non mediocri indizi.

Che il critico senta la necessità di essere autore o che l’autore si senta votato a una missione critica può anche avvenire ogni giorno: ma di quella necessità e di quella missione c’interessano soltanto i risultati. E poiché s’è parlato di critica teatrale, verremo considerando i profili dei nostri migliori critici drammatici; o poiché il critico lo giudicheremo dalla sua critica, pretendere dì più sarebbe faro da indiscreti.

MARIO GROMO.

Edizioni del Baretti Mario Gromo - COSTAZZURRA - L. 6 PRIMI GIUDIZI DELLA STAMPA:

«... un forte narratore di più».

Adolfo Balliano.

«Si tratta insomnia dell’educazione sentimentale, offertaci in un’edizione letteraria uu po’ simile a questa del Soffici, nel Ovario napoletano o che Mario Giorno, in Costazzurra, riaffìda felicemente a più delicata interpretazione*.

Buffatilo Franchi.

«La nota più interessante... ò la maniera di scrivere, che ò spigliata, breve di tocco, pungente con rapidi sottintesi d’intelligenza... nel far scintillare le fibre di colore con una sensualità istantanea, frammentando la vita in un giuoco di rappresentazione spedito o leggero*.

Silvio Penco, «Ce petit essai annlytiquo premei uu nouvel ócrivain à l’Italie. C’est le carnet intime d’un homme qui raconto son aventure seusucllo et sentimentale avec uno fille do cinema, et do moeurs libres. Rien d’important on tout cela; mais Tailleur a un style, uno ad ressa remarquablu a saisir rapidcinont les attitudes et Ics pensée», uno légòrc teinto d’ironie, uno curiosità moderno d’amateur d’Ames. En sommo, uno promesse». Giuseppe Prezzolini.

G. B. PARAVIA & C.

Editori-Librai - Tipografi TORlNO-WJLAfiO. FIRENZE • ROJflfl -NAPOLI- PALERMO Libretti di vita La collana LIBRETTI DI VITA mira a porgere elementi di educazione filosofica o religiosa, contribuendo con qualcosa di suo ni vasto lavorio moderno intorno ai valori essenziali. Essa si rivolgo a tutti coloro I qunli, non potendo accostare i testi di alcuno correnti spirituali, desiderano pure alimentarsene direttamente alle fonti: cosi, dove convenga, gli scritti pubblicati risulteranno composti di cernite tratte da opere intero c condotto iti modo «la offrire l’essenza di un dnto movimento o di un dato autore — dai moggiori ai minori.

La collana si comporrà di volumetti cito raccoglieranno:

li Scritti ricavati dalla tradizione spirituale italiana, sia individuando qualcuno doi risultati del suo progresso rinnovatore, sia rccandono i germi fecondi o comunque indicatori dell’indirizzo originalo del nostro pensiero-, 2) Scritti ricavati dalla tradizione spirituale di altri |K>poli, mettendo in luce quanto giovi scoprire l’unità profonda delle diverse credenze anziché ribadirne l’inconciliabilità dello formo le (piali sono il lato transitorio della ascesa umana verso sintesi superiori di vita affratellata.

SONO FINORA PUBBLICATI:

il Talmud, scelta di massime, parabole, leggende, n cura di M. Beilinson c D. I-ritte» L. 7,— BOI IMF. J.: Scrini ài religione, a cura di A. Banfi» 6,— CIUMINF.I.1.1 P.: Scritti religiosi dei riformatori italiani del 1500» 6,— GUYAU O. M.: La fede dell’aovcnire. Pagine scolto di A. Banfi > g,— HBRMKT A.: La Regola di S. Benedetto» fl,— SOLOVJOV V.: Il lene della «<if«ru umana, a cura di E. Lo Gatto» 6,— TOWIÀNSKI A.: Lo spirito e fazione. Pngino edite cd inedito scelto da Maria Bcraaguo-Bcgcy» g,— Scritti per la conferenza mondiale delle Chiese cristiane, tradotti dall’Inglese da Aurelio Palmieri» g,— JACOPONE DA IODI: dmmactframcnti morali, contenuti in alcune laudo sacre, a cura di Pietro Ròl>ora» 6,— I.AM BRUSCHINI R.: Armonie della vita umana. Pagine raccolte ’dalle suo opero edite cd ined. do A. Liuachcr» g,— CANTIDEVA: In cammino verso la luce, por la prima volta tradotto dal sanscrito in italiano dn G. Tucci» 7, PLOTINO: Dio. Scelta 0 traduzione dallo Enneadi con introduzione di A. Banfi» 3,— Le regole del testamento di Santo Francesco, a cura del prof. A. Hcrmot» g.SOGIOBERTI V: L’Italia, la Chiesa 0 la Civiltà universale. Pngino scelto a cura di A. Brìi or*» g#5© La verità ti libererà. Pagine scelte datl’Imltaxiono d»

Cristo, a cura di Giovanni. Semprini.

SAGGEZZA CINESE, Scelta di massime, parabola e leggende a cura del prof. G. Tucci.

Biblioteca “Storia e Pensiero».

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Prezzo del volume: L. 18,— Le richieste vanno fatto o alla sedo centrale di Torino via Garibaldi, 23, o allo filiali di Milano Firenze - Roma - Napoli - Palermo.

Edizioni del Baretti Mario Gromo: Costazzurra.... L. 6 Giacomo Debenodetti: Amedeo e altri racconti...» 9 Natalino Sapegno: Frate Jacopone.» 10 E’ uscito il I Volume delle opere di P. Oobetli:

Risorgimento senza eroi - L- 18 Si ricevono prenotazioni alla Colloziono dello, opere completo L. 100.

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PIERO GOBETTI Paradosso dello spirito russo Direttore 11 esportabile Piero Zanetti Tipografia Sociale - Pine roto 1926