Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/443

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368 parte seconda

mi sembra che si possa del tutto rigettare l’idea, che una prima compilazione di questi ricordi de’ detti momorabili di Confucio sia di alcuno de’ suoi immediati discepoli. Le tradizioni intorno al gran filosofo si sono continuate per molto tempo; e i raccoglitori delle sue memorie, mettendo le mani nelle diverse compilazioni del Lun-yü, possono aver lasciato nelle aggiunte che vi fecero, l’impronta del tempo, in cui vissero.

L’indole di quest’opera non ci dà agio di fare una esposizione del contenuto. Gli ammaestramenti che si riferiscono quasi sempre alla morale, sono moltissimi; e non ordinati secondo gli argomenti, ma quali venivano in taglio a esser ricordati, nel conversare de’ discepoli col maestro. E queste conversazioni non trattavano ogni volta di soggetti speciali, come si potrebbe supporre, nel qual caso sarebbero state piuttosto lezioni, ma si aggiravano intorno a molti punti. E non si deve credere neppure che vi si trovi sempre per ordine tutto il ragionare del filosofo; chè invece spesso non sono altro che brani: le parti notabili del discorso, il sunto, o le massime che si rilevavano dal suo dire. Per far conoscere un poco il libro, recherò alquante sentenze prese qua e là; attenendomi solo ad alcune di quelle che si riferiscono alla pietà filiale ed al governo; due soggetti della più grande importanza appresso i Cinesi.


La Pietà filiale è il fondamento dell’amor del prossimo (i, 2, 2).

Essa è la virtù, la quale è indizio, in chi la pratica, d’aver egli in sè stesso vivo e ardente l’eterno principio morale che costituisce l’umana natura (ii, 5, 3).

Servire in vita i genitori con reverenza e affetto; alla loro morte con onore seppellirli, venerarli defunti