Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/463

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386 parte seconda

questo fatto, termina egli, a provare, che la salute dell’uomo è impossibile per sola opera umana?1 — Io non voglio negare una conclusione tanto naturale e così ben trovata; ma è poi vero, che tra noi Cristiani sia raro il caso di uno che non ami il prossimo suo come sè stesso, o d’alcuno che faccia proprio il rovescio de’ dieci comandamenti, come fanno i Cinesi pei precetti della loro morale? Si direbbe quasi, a leggere il detto scritto, che quel numero infinito di brutte parole che significano pessime cose, si trovino ne’ nostri dizionari, soltanto per aver modo di chiamare col lor nome tutte le malvagità di quella disgraziata nazione e delle altre che l’assomigliano.

La immoralità del popolo cinese, messa a confronto colla dottrina altamente morale che si trova nei libri dei suoi filosofi antichi, è un tema trattato spesso e con molta compiacenza da coraggiosi propagatori dell’Evangelo in quelle lontane regioni; e sempre per quella benedetta cagione, dell’essere i Cinesi riusciti, senza aiuto soprannaturale, a conoscere la virtù e il bene, e con belle e acconce parole inculcare la pratica dell’una e l’amore dell’altro. Ma è anche giusto ricordare, che non pochi viaggiatori, e tra questi eziandio qualche missionario, assicurano che questa pretesa immoralità non è poi tanta: o almeno è tale da non sorpassare di troppo quella di altre nazioni molto orgogliose della loro cristiana civiltà. Affermano che la brutta idea, che alcuni si son formata dello stato morale dell’Impero di Mezzo, deriva o dall’essersi messi a giudicare con preconcetti, o dall’avere avuto che fare col peggio del popolo, che anche presso noi non è fior di cortesia; o dal non aver ricevuta accoglienza pari al loro merito e alla loro rispetta-


  1. Chinese Recorder, vol. ii, p. 282-285.