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150 Matteo Bandello

     E come ogni desio
     Da’ bei vostr’occhi colgo,
     N’altronde vuo’ soccorso, ovver aìta;
     85Quando vedrò gradita
     Quanto conviensi, ahi lasso!
     Mia servitù sincera,
     E quella fede vera,
     Che senza lei non lascia girmi un passo?
     90Quando sarò mai certo
     Aver, Madonna, il merto?
Canzon, come Madonna vedi, dille
     D’esser prezzata: sono
     94Perchè di Voi ragiono.


V. 1. Dolce cantar, esordio felice.

V. 4. Qual, va riferito ad ingegno o stile potrebbe manifestare con parole; di fore, ecc., esprimere ciò che detta dentro all’udir quella dolcissima armonia.

V. 10. S’have, si ha.

V. 19. Bel verso perifrastico.

V. 21. Cessò la pioggia, ecc. Effetti che il canto della Mencia — simbolo del potere suggestivo dell’armonia — produce sulla circostante natura. Un concetto simile ha già, genericamente espresso in son. XLIX, v. 13, e ripetuto altrove.

V. 29. Disfogando, cercando uno sfogo al dolore sofferto, che non è più capace di contenere. Cfr. Dante: «Sì ch’io sfoghi il dolor che il cor m’impregna», Inf., XXIII, v. 113.

V. 39. Rubella d’amore, è la Mencia che sempre disdegna il poeta.

Vv. 45-46. Fa... faceva, forma sciatta.

V. 48. Non so che, non so quale fascino.

V. 50. Vago uscio, porta bella fatta dai coralli schietti, dalle labbra coralline per cui si accede alle vere perle orientali, ai denti perlacei.

V. 57. L’orma, l’impronta. Imagine poco adatta con quella confusione che nasce tra l’idea concreta dell’orma e quella astratta della grazia.

V. 62. Maniere oneste, corrette, cfr. son. LXIV, v. 10. Più sotto. v. 69, onesto modo. È il dantesco: «Che l’onestade ad ogni atto dismaga», Purg., III, 11. Di cotesta onestà particolare così ra-