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Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/171

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168 Matteo Bandello

Dal casto petto di virtute albergo,
     E d’onestate altiera torre e salda,
     11Ove mai sempre col pensiero albergo;
Da bella Donna timidetta e balda
     Del mondo onor, cui tante carte vergo,
     14Nasce la fiamma che m’agghiaccia e scalda.


V. 1. Amorosetto, vago, piacevole, che inspira amore.

V. 4. Quel ben dell’intelletto che tiene diviso l’uomo dalla — direbbe Dante — volgare schiera.

V. 5. È, nella sua inspirazione e forma, derivato dal petrarchesco: «Che solean fare in terra un paradiso», Canzoniere, CCXCII, v. 7. Imagine frequente anche in questo Canzoniere.

V. 6. Invesca, invischia.


CVII.

Profilo delle bellezze fisiche della Mencia dal quale possiamo raffigurarci vagamente — specie per la prima terzina — quanta fosse l’avvenenza di lei: anche sfrondando le amplificazioni liriche, resta pur sempre probabile che la donna avesse almeno in embrione parecchie delle doti attribuitele.


Rose vermiglie, nate sulla neve,
     Chiome d’or terso inanellate e sparte,
     L’arcate e nere ciglia a parte a parte,
     4Duo lumi, onde ’l suo lume ’l sol riceve;
Il parlar saggio, or schivo, or dolce, or greve,
     Ch’ogni basso desir da me diparte;
     Le labbra, che natura, non fint’arte,
     8Di schietto avorio imperla in minio breve;
Una colonna d’alabastro puro,
     Che dritta sta sulle marmoree spalle
     11Col caro peso della vaga testa;

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