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Il Canzoniere 223

     Sì incende, ed abbarbaglia,
     45Che dolci son gli affanni, e dolci i mali.
     Poi dentro il cor intaglia
     Quanto di bel nel vago viso scorgo
     Ond’a me col pensier aìta porgo.
Chi vuol del santo viso le ricchezze
     50Sì ricche e belle in carta discoprire,
     Potrà, canzon, dell’alto mar l’arena,
     E la notte serena
     Del ciel le stelle ad una ad una dire.
     Dunque il parlar affrena,
     55E lascia meco il caro mio pensiero,
     Che mi mostra di lor il vero vero.


V. 10. M’annoia, m’attedia, anzi mi addolora tanto che m’ancide.

V. 25. Ostro fin, le rosee fini guance, i rubini delle labbra, come poco sopra v. 20, perle orientali, i denti.

V. 27. Piropo, sorta di rubino, pietra preziosa, granato nobile di Boemia, usato poi dal Carducci in Piemonte: «fiamma di piropo al sole | l’italo sangue».

Vv. 28-29. l’uno e l’altro dei due rubini, e cioè le labbra, quando stanno uniti dolcemente, quasi tremasse su di essi un bacio.

V. 34. Ingordo e desioso sguardo: aggettivi ben scelti, quello avido di voglie sensuali, questo bramoso di ideali dolcezze.

V. 38. Ambe le chiavi, reminiscenza dantesca.

V. 45. Dolci affanni, dolci mali, cfr. Petrarca: «Dolce mal, dolce affanno e dolce peso», Canzoniere, CCV, v. 2.

Vv. 49-50. Ricchezze ricche, brutta allitterazione.

V. 53. Pensiero ricavato dal Petrarca e ripetuto sovente; cfr. son. XXII, v. 14.