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Il Canzoniere 249

     60Allor che resto senza
     Vostr’alma vista, ond’ogni ben s’elice.
     E tanto dir mi lice,
     Che tutto quel che spira in questo clima,
     (Se ’l dritto, e ver si stima)
     65Tant’ha di bello, e tanto par che vaglia,
     Quant’a Voi par che di mirarlo caglia.
Però s’io cerco in ogni luogo e tempo
     Starvi belli occhi innanzi,
     E tutto ’l resto poi non curo, o prezzo,
     70E se mi doglio, che non più per tempo
     Vi vidi, e vuo’ ch’avanzi
     Questa voglia tutt’altre senza mezzo,
     Vogliate omai che ’l rezzo
     Di miei sospiri angosciosi, e amari
     75Dilegui, e i vostri chiari
     Raggi vèr me volgete, e quelle ciglia,
     Ch’al mondo son l’ottava meraviglia.
Se guarderai, Canzone,
     Ch’ignuda se’ e parli in basso stile
     80Del bel lume gentile,
     Sola star non vorrai nel sacro fondo
     Di quest’acque tranquille, ov’io t’ascondo.


V. 1. Occhi leggiadri: propone l’argomento; cfr. Petrarca: «Occhi leggiadri, dov’Amor fa nido» (Canz., LXXI, v. 7).

V. 3. Fenice, il favoloso augello che si dice rinascesse sempre dalle proprie ceneri. Anche il Petrarca chiama Laura, Fenice, Canz., CCCXXI, v. 1; CCCXXIII, v. 4.

V. 12. Incredibil gioia, Petrarca: «incredibil bellezza», Canzoniere, LXXI, V. 62.

V. 16. No scaltro, non scaltrisco.

V. 22. Cinque volte e sei, verso di stampo dantesco: «Mostrarsi dunque in cinque volte sette».

V. 46. L’arra, come di chi dicesse la caparra. È il lat. arrha, franc. arrhes.